Intervista per Duemila Magazine
Manuela come fu ricevere per la prima volta una fotocamera in tenera età?
La mia infanzia è stata piuttosto solitaria. Quando ho ricevuto come regalo una fotocamera a pellicola ho iniziato a fotografare quello che vedevo intorno a me: splendidi tramonti e i miei cani e gatti, i cui volti e sguardi però catturavano maggiormente la mia attenzione rispetto ai paesaggi.
Adoravo “congelare” le loro diverse espressioni per poterle fissare più attentamente.
In un certo senso mi sembrava così di capirle di più.
Come è nata ed è cresciuta la sua passione per la fotografia?
Quasi senza rendermene conto la mia fotocamera è sempre stata con me, permettendomi di immortalare momenti belli, e meno belli, della mia vita.
Mi piaceva ricordare così occhi e volti delle persone in momenti particolarmente significativi.
Al tempi del liceo ero anche totalmente affascinata dalle immagini che vedevo in libri e riviste.
Ricordo che le fissavo per ore: forse era il mio modo per cercare di capire le persone, avendo poche possibilità, al di là della scuola, di farlo davvero.
Mi faceva sentire parte di qualcosa di grande.
Ci sono messaggi insiti nei suoi scatti che vuole far leggere al suo pubblico?
La costruzione di ogni singola idea fotografica e l’empatia che vivo sul set con i miei modelli mi permettono di analizzare lati della mia personalità che ho voglia, di volta in volta, di approfondire.
In questo periodo sto analizzando la coesistenza del lato maschile e di quello femminile in ciascuna persona.
Quello che vorrei trasmettere è quello che sto sentendo nel momento in cui scatto.
Chi sono i soggetti che preferisce ritrarre? Ha delle preferenze?
Amo ritrarre persone che in qualche modo suscitano il mio interesse, con uno sguardo, con un gesto, con una caratteristica estetica o, più in profondità, con la loro storia e la loro personalità. Mi piace provare a scavare oltre e a fondere la mia interpretazione delle loro particolarità con la percezione che loro hanno di sé.
Ogni volta che questo accade, mi arricchisce come persona.
Può raccontarci qualcosa dei suoi primi viaggi all’estero?
L’idea del viaggio ha sempre suscitato un grande fascino su di me, soprattutto negli anni nei quali avevo la possibilità di farlo solo nella mia mente.
Uno dei lati che amo del mio lavoro è che mi da la possibilità, finalmente, di viaggiare davvero. I miei primi ricordi di viaggio sono la sensazione che mi dava stare in un aeroporto. Si dice che chi non si sente a casa da nessuna parte si sente più a proprio agio nei “nonluoghi”. L’aeroporto mi ha sempre dato la tranquillità di sentire che potevo essere dove volevo, quando volevo.
Il 2008 è un anno importante, apre il suo primo studio, può dirci qualcosa di questa grande esperienza?
Non essendo particolarmente legata ad un luogo in particolare, l’apertura dello studio è stata più che altro l’accettazione della possibilità di poter trasformare la mia passione in un lavoro e che quindi avrei potuto vivere di qualcosa che realizzavo con le mie mani, la mia mente e il mio istinto.
E’ stata una grande conquista dopo anni passati a credere che lavorare volesse dire solo “stare in tailleur”.
Quali sono i Paesi o i posti in cui prima o poi farà un viaggio di sicuro?
Los Angeles è il primo della lista.
Amo gli oceani e le grandi città: la fusione di calma e frenesia in un unico spazio mi danno un senso di completezza.
Un viaggio di lavoro negli Stati Uniti la prossima estate spero mi darà la possibilità di passare anche da lì.
Confrontando la considerazione per la fotografia in Italia con altre nazioni, ci sono grandi differenze?
Purtroppo sì: in molte altre nazioni è considerata un lavoro a tutti gli effetti.
Esistono università di fotografia, albi professionali, gli agenti di rappresentanza sono la prassi, la cultura dei diritti d’immagine e l’espressione personale sono molto rispettate.
Qui ancora fatico a spiegare ad alcune persone che sì, fare la fotografa è il mio “lavoro vero” e che no, non penso di trovarne un altro “sicuro”.
Ha collaborato anche con giornali, riviste, case editrici? Sono molti i progetti che ha pubblicato fino ad oggi?
Non quanti vorrei. Sono molto autocritica quindi mi sembra sempre di non fare abbastanza. Con gli anni ho però imparato ad avere pazienza. Bruciare le tappe, non concedersi il tempo di sbagliare e imparare, non fa assaporare l’essenza del percorso e non fa crescere.
Il suo 2013? Ha in mente di creare qualche nuovo servizio fotografico o ha qualche idea particolare?
Vorrei viaggiare il più possibile e iniziare la realizzazione di un progetto seriale che diventi poi la mia prima “mostra seria”. Il tema però è ancora top secret. E poi vorrei poter finalmente adottare un gatto.
Intervista Completa Pubblicata su Duemila – Sezione Arte e Fotografia – Aprile 2013