Sara Lazzaro: cercando Godot. Canal Grande, Venezia
Attrice colta e raffinata, vince il Leone di Vetro al Festival del Cinema di Venezia. Collabora con Elio Germano e Sorrentino. A teatro spazia da Beckett a Goldoni. Il grande pubblico la scopre con “18 Regali” e “Doc – nelle tue mani”, con Luca Argentero.
“Sono un mix tra il Bianconiglio e Alice. Dirò costantemente – Oddio, dove sono, che meraviglia! – e subito dopo – E’ tardi, è tardi, è tardi!”.
Mentre pronuncia queste parole, Sara spalanca i suoi giganteschi occhi blu, dai quali traspare purezza, che le permette di guardare il mondo con poetico stupore; passione, che trasforma la sua vita in una creativa esplorazione; slancio vitale, che racconta il coraggio con il quale fa le sue scelte audaci e rischiose.
Sara Lazzaro e il talento
La prima volta che ho incontrato Sara Lazzaro è stata a Venice Beach, Los Angeles.
Una sera, a casa di un’amica, ho trascorso minuti interi osservando questa giovane donna prestare la sua voce ad un gatto, una macchia bianca di pelo lungo incorniciata dal buio di una finestra e rivolta verso l’esterno, osservando il passaggio di macchine e persone; Sara, attraverso un’intonazione altera ed annoiata, cadenzata dai battiti della coda e dai cambi d’inclinazione della testa, lo ha reso un giovane Holden avvolto da un candido mantello, in distaccata contemplazione del mondo, totalmente perso nel suo “spleen“.
Seraficamente comica.
Ricordo la magia che Sara è riuscita a creare in modo improvvisato, come se per lei, cogliere situazioni interessanti ed interpretarle in modo istintivo, fosse la cosa più naturale del mondo.
Rara poesia, che rende eterni attimi altrimenti banali.
Ricordo che nella stanza non potevamo smettere di ridere e ricordo di aver pensato: “Se non riesce lei a vivere di recitazione, chi può farlo?”.
Sara Lazzaro: il Leone di Vetro al Festival del Cinema di Venezia
Ho seguito la sua crescita per diversi anni e oggi la ritrovo a Venezia, per il servizio fotografico che stiamo realizzando insieme.
Conclusi gli scatti, Sara si deve precipitare al Festival del Cinema che le ha conferito il Leone di Vetro come attrice rivelazione.
Chi è Sara Lazzaro
Sara è nata nel 1984 da papà italiano e mamma americana. Dall’inizio della sua approfondita formazione nella recitazione al Drama Center di Londra (dal quale sono passati nomi del calibro di Colin Firth, Michael Fassbender, Tom Hardy ed Emilia Clarke ), fino alla partecipazione alla produzione Holliwoodiana “The Young Messiah”, è passata attraverso collaborazioni con registi come Paolo Sorrentino, in “The Young Pope”, e attori come Elio Germano, nel film omaggio alla vita di Nino Manfredi, “In Arte Nino”.
In “The Young Messiah” è Maria, la mamma ventunenne che accompagna suo figlio Gesù che, a sette anni, inizia a realizzare chi è davvero.
Sara ha deciso di raccontare la sua Maria in modo intenso, emozionante e molto umano, tralasciando aspetti eterei che non sente suoi e che, scegliendo di non conferirli al suo personaggio, lo ha caratterizzato con un’interpretazione nuova e coraggiosa.
Sara Lazzaro: vivere da artista
Sara non ha una casa vera e propria: italo/americana (quindi perfettamente bilingue ), vive tra New York, Los Angeles, Londra e Italia; tournèe teatrali (l’ultima in ordine di tempo, “Le Donne Gelose” di Carlo Goldoni, una produzione del Piccolo Teatro di Milano ) e qualsiasi luogo nel mondo nel quale le propongano collaborazioni che lei reputa interessanti.
“Non voglio radici. In questo modo è come se vivessi tutto a metà, ma è l’unico modo nel quale mi sento viva. I miei amici mi dicono che così sono senza tempo”.
Forse è per questo che Sara sembra una ragazzina. Sul suo volto pare che il tempo non passi, nonostante riempia le sue giornate in modo straordinario.
Il tempo: il tempo per Sara ha un senso importante: nonostante la sua giovane età, è consapevole della sua fugacità e cerca di viverlo senza sprecarne un solo attimo.
“Io vivo del movimento, mi sento in una fase di metamorfosi, ma non so in cosa. Forse questa fase dura da sempre, ma perché tutto cambia”.
Sara Lazzaro porta Samuel Beckett sulle passerelle di Parigi
E’ proprio durante una Settimana della Moda di Parigi (SS18 ) che Sara ha la possibilità di esplorare nuovamente il tema del tempo, mettendo in scena “Come and Go” di Samuel Beckett, durante la sfilata di Goeffry B. Small.
Sara ha vissuto questa esperienza, più che come una performance, come un happening: “Un momento unico che ha avuto un gusto, un colore e un odore irripetibili, avvolto da un silenzio tanto sacro quanto raro per una sfilata, che ha regalato magia ad un’esperienza unica nel suo genere. Teatro e moda fusi in uno spazio/tempo comune, nel quale entrambi hanno trovato forza l’uno nell’altra attraverso una compresenza, insieme ad attrici, modelle, capi e spettatori”.
Per Sara la moda è sempre stata qualcosa di distante, “una creatura difficilmente accessibile per me; qualcosa che non mi appartenesse o non mi avesse mai incluso. Adoro come la vita mi continua a cambiare le carte in tavola. Il modo di partecipare ad un’esperienza così unica come la Paris Fashion Week era poterlo fare sotto queste vesti. E’ stato perfetto”.
Beckett e il significato dei suoi personaggi
I personaggi beckettiani sono intrappolati in una vita non vita, statica, vissuta nella sterile attesa che qualcosa accada, che qualcuno arrivi e li salvi da un nichilismo filosofico e sociale che subiscono passivamente.
Aspettano un indefinito Godot, ma in realtà vivono semplicemente una quotidianità fatta della speranza di un domani che, senza azione, sarà invece inevitabilmente identico, se non peggiore dell’oggi.
Sara, Beckett lo percepisce così: “Con così pochi elementi scenici, in un tempo sospeso e attraverso figure senza identità, crea quelli che io chiamo iceberg. Vedi la punta di un universo che hanno alle spalle, così archetipico che tutti ci possiamo relazionare, e noi colmiamo e riempiamo questo vuoto di una vita che forse vorremmo vedere per questi personaggi”.
E’ proprio questo che fa Beckett: ci dà uno schiaffo attraverso la visione di una realtà tristemente comune, ci sprona ad essere attivi nel corso della nostra vita, ci esorta a renderla speciale, a viverla nel nostro unico, personalissimo modo; il solo che ci renda felici davvero.
Mostrandoci chi vive aspettando Godot, ci esorta ironicamente a cercarlo: a cercare quello che ci fa sentire pieni e vivi.
Sara il suo Godot lo insegue e lo costruisce con una poesia ed un’unicità che tiene strette con ogni frammento di sé, resistendo alle facili tentazioni della banalità sociale, che ci chiede invece di essere tutti uguali, per un tanto temporaneo quanto effimero successo.
Sara Lazzaro come Peggy Guggenheim: la sua Venezia
Sara è un’anima pellegrina nel mondo.
L’unico porto al quale approda costantemente, nei momenti importanti della sua vita, è la decadente e sensuale Venezia.
Ed è proprio qui che scelgo di fotografarla, in un palazzo storico sul Canal Grande, di fronte alla casa di Peggy Guggenheim, una mecenate nel senso più puro del termine: “una persona che sente di avere una responsabilità verso l’arte e gli artisti e ha i mezzi e la volontà per agire in conformità a questo sentimento”. (Peggy Guggenheim, “Una Vita per l’Arte” ).
Chiacchierando sulla vita di Peggy, Sara mi dice: “Il fatto che lei bevesse il tè con Ernst, Duchamp, Lorca o Dalì.. ho sempre avuto l’idea di ‘capire’ quei momenti, la commistione, in qualche modo di ‘appartenere/comprendere’ quella modalità, quella necessità di interconnessione e di scambio tra artisti di diverse discipline, diverse espressioni, che si ‘riconoscono’ e conseguentemente si cercano.. tutti testimoni e compagni di un tempo/società/mondo comune. Inconsapevolmente segnare e ‘fare’ la storia durante un tè. Chissà se un giorno qualcuno parlerà anche di noi”.
“Noi”, è chiunque non smetta mai di cercare, entusiasticamente, il proprio Godot.
“Ho sempre tentato. Ho sempre fallito. Non discutere. Prova ancora. Fallisci ancora. Fallisci meglio.” Samuel Beckett
SHOOTING CREDITS:
Foto e Testi: Manuela Masciadri
Talent: Sara Lazzaro – NCE Italiana
Make Up & Hair: Eva Mardhaja
Courtesy Styling: Guitar Press Milano
Thanks to: Filippo Ciappi e Daniela Damonte
STYLING CREDITS:
LOOK 1
GENNY A/I 17-18 Giacca bianca con spalle in strass (Jewel Show )
ERMANNO SCERVINO Pantalone
LOOK 2
STEFANO DE LELLIS A/I 17-18 Soprabito nero con applicazione strass sulle maniche
LOOK 3
SPACE STYLECONCEPT A/I 17-18 Camicia bianca con volant su fondo
WHITE SIVIGLIA Pantalone nero gessato con cintura velluto
PIERRE MANTOUX Calze
OFFICINE CREATIVE Scarpe
LOOK 4
MES DEMOISELLES Paris A/I 17-18 Camicia righe multicolor (Stanford Multicolor Stripes ), Pantalone gessato bordeaux (Oxford Multicolor Stripes)
LOOK 5
GILBERTO CALZOLARI A/I 17-18 Pellicciotto corto bianco
GIORGIO ARMANI Blusa in raso di seta
LOOK 6
AMERICAN VINTAGE A/I 17-18 Cardigan cammello (Noisette )
PIERRE MANTOUX Body nude
LOOK 7
VINTAGE WARDROBE Kimono
LOOK 8
MANGANO A/I 17-18 Abito rosso con inserto in rete
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